Cassazione quinta sezione tributaria, Ordinanza num. 22759 del 12 agosto 2021
Cartelle di pagamento – Ricorso – Rappresentanza e difesa dell’Agenzia Entrate-Riscossione – Condizioni.
Procedimento – Procedimento in appello – In genere – Produzione di nuovi documenti in primo grado – Deposito tardivo – Contumacia della parte in appello – Utilizzabilità – Fondamento.
La Cassazione quinta sezione tributaria, con Ordinanza num. 22759 del 12 agosto 2021 (1), in perfetta linea con quanto sostenuto dalla Procura generale presso la Corte di cassazione (2), ha ribadito che l’Agenzia delle Entrate Riscossione, impregiudicata la generale facoltà di avvalersi anche di propri dipendenti delegati davanti al tribunale ed al giudice di pace, si avvale: “- dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti come ad essa riservati dalla convenzione con questa intervenuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1933, art. 43, comma 4, di apposita motivata delibera da adottare in casi speciali e da sottoporre all’organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, ovvero, in alternativa e senza bisogno di formalità, nè della delibera prevista dal richiamato citato R.D., art. 43, comma 4, cit., di avvocati del libero foro – nel rispetto del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, artt. 4 e 17, e dei criteri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi del D.L. n. 193 del 2016, art. medesimo, comma 5, – in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all’Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio”; “quando la scelta tra il patrocinio dell’Avvocatura erariale e quello di un avvocato del libero foro discende dalla riconduzione della fattispecie alle ipotesi previste dalla Convenzione tra l’Agenzia e l’Avvocatura o di indisponibilità di questa ad assumere il patrocinio, la costituzione dell’Agenzia a mezzo dell’una o dell’altro postula necessariamente ed implicitamente la sussistenza del relativo presupposto di legge, senza bisogno di allegazione e di prova al riguardo, nemmeno nel giudizio di legittimità”.
Lo stesso Protocollo d’intesa tra Avvocatura dello Stato e Agenzia delle Entrate – Riscossione, n. 36437 del 5 luglio 2017, prevede espressamente, in tema di “Contenzioso afferente l’attività di Riscossione”, al punto 3.4.2, che “L’Ente sta in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti o di avvocati del libero foro, iscritti nel proprio Elenco avvocati, nelle controversie relative a: (…) liti innanzi alle Commissioni Tributarie”.
La Cassazione, inoltre, ha affermato che la Commissione Tributaria Regionale può legittimamente porre a fondamento della propria decisione la produzione documentale effettuata dall’Agente della Riscossione meno di venti giorni prima dell’udienza di trattazione innanzi alla CTP e non reiterata in sede di appello a ragione della contumacia dell’Agenzia.
Nel processo tributario, infatti, è riconosciuta la possibilità di produrre documenti in appello, avuto riguardo alla specifica disposizione dettata, in deroga all’art. 345 cod. proc. civ., dall’art. 58, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992.
La produzione di documenti in appello va, tuttavia, esercitata – stante il richiamo operato dall’art. 61 del d.lgs. n. 546 del 1992 alle norme relative al giudizio di primo grado, entro il termine previsto dall’art. 32, comma 1, dello stesso decreto, ossia fino a venti giorni liberi prima dell’udienza, con l’osservanza delle formalità di cui all’art. 24, comma 1, avendo tale termine, anche in assenza di espressa previsione di legge, natura perentoria, in ragione dello scopo che persegue e della funzione che adempie (Cass., sez. 5, 30/01/2007, n. 1915; Cass., sez. 5, 16/11/2012, n. 20109; Cass., sez. 5, 15/01/2014, n. 655; Cass., sez. 5, 24/02/2015, n. 3661).
Nel processo tributario, che si distingue dal processo civile ordinario di cognizione, i fascicoli di parte sono inseriti in modo definitivo nel fascicolo di ufficio, ai sensi dell’art. 25, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, sino alla sentenza passata in giudicato e, quindi, le parti non hanno facoltà, come nel giudizio civile, di ritirare i rispettivi fascicoli di parte in sede di precisazione delle conclusioni, ai sensi degli artt. 168 e 169 cod. proc. civ.
Piuttosto, l’art. 25 citato dispone che «I fascicoli di parte restano acquisiti al fascicolo d’ufficio e sono ad esse restituiti al termine del processo» e le parti possono soltanto ottenere copia autentica degli atti e dei documenti contenuti nei fascicoli di parte e d’ufficio, ma non la restituzione dei fascicoli in originale, se non dopo il passaggio in giudicato della sentenza.
Poiché, dunque, nel processo tributario i fascicoli di parte restano inseriti in modo definitivo nel fascicolo d’ufficio sino al passaggio in giudicato della sentenza, senza che le parti abbiano la possibilità di ritirarli, la documentazione ivi prodotta è acquisita automaticamente e “ritualmente” nel giudizio di impugnazione (Cass. n. 5429 del 2018).
Ciò comporta che la documentazione depositata tardivamente dall’Agenzia nel giudizio di primo grado, proprio in ragione di quanto previsto dall’art. 25 del d.lgs. n. 546 del 1992, è ormai entrata automaticamente nel procedimento di appello e ben può essere utilizzata dai giudici di appello ai fini della decisione.
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