Approfondimento sulla sentenza 12449/2024 della Corte di Cassazione riguardante la fattispecie del contratto di mutuo
Sentenza Sezioni Unite. n. 12449.2024 interessi
FOCUS DI APPROFONDIMENTO:
QUALI SONO LE CONDIZIONI IN PRESENZA DELLE QUALI UN CONTRATTO DI MUTUO CONFIGURA UN TITOLO ESECUTIVO?
Il contratto di mutuo configura un titolo esecutivo quando il mutuante abbia erogato mutuatario una determinata somma di denaro.
Detta erogazione può, però, essere attuata con modalità diversificate.
Essa si realizza, invero, con effetti coincidenti in due casi pienamente alternativi e, precisamente:
in virtù della consegna materiale dell’importo mutuato;
ovvero
in virtù della sottoscrizione di pattuizione negoziali che realizzino l’effetto di attribuire la disponibilità giuridica dell’importo mutuato.
La consegna idonea a perfezionare il contratto reale di mutuo non va, quindi, intesa nei soli termini di materiale e fisica “traditio” del danaro (o di altre cose fungibili), rivelandosi sufficiente il conseguimento della sua disponibilità giuridica da parte del mutuatario, ricavabile anche dall’integrazione di quel contratto con il separato atto di quietanza a saldo, attesa la progressiva dematerializzazione dei valori mobiliari e la loro sostituzione con annotazioni contabili, tenuto conto che sia la normativa antiriciclaggio che le misure normative tese a limitare l’uso di contante nelle transazioni commerciali hanno accentuato l’utilizzo di strumenti alternativi al trasferimento di danaro (Cass. 27 agosto 2015, n. 27194; Cass. 27 ottobre 2017, n. 25632; Cass. 22 marzo 2022, n. 9229). (DOC. 1)
Pertanto, al fine di accertare se un contratto di mutuo possa essere utilizzato quale titolo esecutivo, ai sensi dell’art. 474 c.p.c., occorre innanzitutto verificare, attraverso la sua interpretazione integrata con quanto previsto nell’atto di erogazione e quietanza o di quietanza a saldo ove esistente, se esso si sia perfezionato attraverso la consegna materiale o l’attribuzione della disponibilità giuridica dell’importo mutuato.
Tali indicazioni non sono, però, risolutive.
Affinché il contratto di mutuo configuri a tutti gli effetti un titolo esecutivo è, altresì, imprescindibile verificare che il debitore mutuatario sia immediatamente obbligato al rimborso secondo il piano rateale pattuito. Deve, cioè, trattarsi di una erogazione che attribuisce il diritto pieno ed immediato a godere della somma mutuata.
Il mutuo non è, perciò, titolo esecutivo quando, a seguito della erogazione, il mutuatario ordini il contestuale ed immediato trasferimento dell’importo ricevuto su un deposito infruttifero intestato al solo istituto mutuante in attesa del verificarsi di alcune condizioni alla cui realizzazione la “definitiva” disponibilità di quanto erogato (Cass. 3 maggio 2024, n. 12007). (DOC. 2) Più precisamente, pertanto, a dire della Suprema Corte, il mutuo non è titolo esecutivo quando la somma mutuata viene solo apparentemente erogata a favore del mutuatario ma, in realtà, resta nella sfera di disponibilità esclusiva dell’istituto bancario “il quale, solo a seguito della verifica circa l’avveramento delle condizioni pattuite (quali, ad esempio, l’assenza di iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli sull’immobile antecedenti alla iscrizione volontaria concessa a garanzia del mutuo) ne trasmette la piena disponibilità al mutuatario”.
In base al più recente orientamento della Corte di Cassazione, in sostanza, non basta che, per effetto della erogazione e quietanza, il mutuatario acquisti la “disponibilità giuridica” della somma mutuata ma occorre che tale disponibilità giuridica non sia solo apparente e transeunte dovendosi piuttosto rivelare come definitiva. Resta, però, il problema di stabilire se, in un caso come quello sin qui prospettato (atto di erogazione e quietanza seguito dalla disposizione del mutuante che ordina il ritrasferimento delle somme su un deposito cauzionale infruttifero intestato al solo istituto mutuante), affinché il mutuo diventi titolo esecutivo, sia necessaria la sottoscrizione, nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata, di un nuovo ed ulteriore atto di erogazione e quietanza. La soluzione favorevole alla necessità di un secondo atto di erogazione e quietanza è quella sostenuta con la pronuncia citata (Cass. 3 maggio 2024, n. 12007).
Va, però, rilevato che resta il dubbio se la erogazione definitiva che accorda la disponibilità giuridica finale dell’importo mutuato debba essere documentata.
Fatte tali premesse, corre l’obbligo di una ulteriore precisazione.
Quando l’istituto mutuante eroga al mutuatario l’importo mutuato attribuendogli la disponibilità giuridica dello stesso ed il pieno diritto a beneficiarne (con conseguente ed immediato obbligo di restituzione), nessun rilievo assume la circostanza che detto mutuatario decida, in virtù di atto negoziale contestuale o successivo, di destinare quelle somme al ripianamento di passività pregresse contratte proprio con l’istituto mutuante.
La destinazione finale degli importi non vale, invero, ad escludere che quel mutuo, ad effetti reali, sia un titolo esecutivo.
Né può sostenersi che detto mutuo, cd. solutorio, perché contratto per le finalità anzidette, sia nullo o illecito (Cass. 22 febbraio 2021, n. 4694; Cass. 30 novembre 2021, n. 37654).
Va, infine, precisato che non può essere condivisa la tesi secondo cui il mutuo contratto per conseguire la disponibilità di una somma da destinare al ripianamento di passività pregresse non sia un vero e proprio mutuo ma un mero pactum de non petendo finalizzato, non ad erogare nuova finanza, ma a riscadenzare un debito pregresso (in questo senso si era espressa Cass. 5 agosto 2019, n. 20896; Cass. 25 gennaio 2021, n. 1517). Se si volesse dar seguito a tale tesi, il mutuo solutorio non sarebbe titolo esecutivo in quanto il credito dell’istituto che eroga scaturirebbe, non dal contratto di mutuo sottoscritto per estinguere il debito pregresso, ma dal contratto originario che quel debito ha generato, contratto che potrebbe, in ipotesi, non configurare un titolo esecutivo (si pensi al caso del mutuo solutorio sottoscritto per estinguere il debito rinveniente dal un contratto di apertura di credito che, anche quando stipulato nella forma dell’atto pubblico, non è titolo esecutivo).
La giurisprudenza più recente ha condivisibilmente superato la posizione da ultimo citata (espressa da ultimo da Cass. 25 gennaio 2021, n. 1517), restata così del tutto isolata (Cass. 25 luglio 2022, n. 23149). (DOC. 3)
Sentenza – Cass. n. 9229 del 2022
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